Nuovo appuntamento con la rubrica Ross Music Box. Uno spazio virtuale dedicato ai piccoli e grandi progetti musicali a cui prestare attenzione nel vasto panorama musicale italiano.
Protagonista di questo appuntamento è il cantautore Saverio D’Andrea, un amico e un artista poliedrico, con cui ho avuto l’opportunità di collaborare diverse volte. Lo scorso 1 marzo, dopo un lavoro di cinque anni, ha visto la luce il suo primo disco: ‘Anatomia di una colluttazione’. L’album, prodotto artisticamente da Valter Sacripanti, è stato registrato tra Caserta, Napoli, Terni e soprattutto Roma ai Forward Studios ed è uscito per l’etichetta Isola Tobia Label.
“Anatomia di una colluttazione” racconta in dieci episodi tutte le fasi di una storia d’amore importante, sviscerandone i momenti di crescita e i conflitti. Emozioni che prendono forma incontrando, brano dopo brano, un approccio alla melodia, al sound, sempre diversa che sorprende l’ascoltatore e lo trasporta lì nella profondità di quel momento/sentimento che si trasforma.
Senza dilungarmi troppo lascio la parola a Saverio e alla sua voglia matta di raccontarsi prima dei due live che lo aspettano nei prossimi giorni: domani, giovedì 16 maggio 2019, a Roma al Craftwork (in acustico), mentre sabato 18 maggio 2019 sarà a Caserta al Teatro Civico 14 (in set elettrico con la band).
Com’è avvenuto il tuo incontro con la musica? Quali sono gli artisti che ti hanno ispirato di più?
Il mio incontro con la musica è avvenuto che avevo cinque anni. Iniziai studiando il violino e poi, in prima media iniziai a studiare anche la chitarra, poco dopo arrivò lo studio del pianoforte da autodidatta e le lezioni di canto. Ho iniziato a scrivere canzoni più o meno intorno l’età di otto anni. All’inizio erano filastrocche, pochi versi in rima, poi iniziai a unire una melodia alle cose che scrivevo, le cantavo e mi registravo con il walkman, ed intorno ai dodici anni, con i primi accordi sulla chitarra, iniziai a scrivere vere e proprie canzoni con struttura testuale, melodica ed armonica ben precisa. Da allora non ho davvero mai smesso. Lo scrivere però è sempre stato accompagnato dall’ascolto.
Ho sempre divorato dischi, ho sempre ascoltato di tutto. A sedici anni i miei eroi musicali erano Kurt Cobain e Carmen Consoli. Impazzivo anche per l’electropop e il rock liberatorio degli anni ‘70. Ho avuto anche il mio periodo Marylin Manson e il mio periodo Backstreet Boys. Oggi ascolto di tutto. Sono una spugna. Gli artisti che son sempre rimasti fermi nel mio cuore, spesso ispirandomi, restano Tom Waits, Tori Amos, Leonard Cohen, Alanis Morissette, Bjork, e i più recenti Damien Rice, Sufjan Stevens, Antony Hegarty, Rufus Wainwright, Camille. Seguo anche tanto il pop internazionale. Ad esempio mi piace tanto Lady Gaga che secondo me rappresenta una delle più importanti e significative espressioni artistiche dei nostri tempi. Quando ero piccolo, a casa mia i cantautori della tradizione italiana facevano da padroni e in qualche modo mi hanno cresciuto, su tutti Modugno, Tenco, Ciampi e Dalla.
‘Anatomia di una colluttazione’ è nato. Possiamo dire che ha avuto una lunga gestazione. Cosa ti mancava? Cosa sei riuscito a trovare oggi che ti ha portato alla sua pubblicazione? Come mai hai scelto questo titolo?
La produzione per questo disco è iniziata praticamente cinque anni fa, ormai ed è stata una delle esperienze più importanti della mia vita. I musicisti con cui ho avuto la fortuna e il piacere di collaborare hanno nobilitato le cose che ho scritto, insegnandomi tanto. Da Giuseppe Barbera, Sandro Rosati a David Pieralisi, passando per i grandi Giuseppe Tortora e Mario Gentili fino a Valter Sacripanti, il mio produttore, ognuno di loro è stato come un maestro per me. Non c’è corso universitario, scuola, o masterclass che possa insegnare quello che ho imparato io in questi anni e per questo mi sento tanto fortunato.
Ho voluto prendermi il giusto tempo per fare le cose proprio come volevo farle e non ho badato a pressioni di nessun tipo. Non posso dire che mi mancasse qualcosa in particolare ma posso giustificare il lasso di tempo così lungo affermando che ho combattuto con la mia impazienza in nome di un risultato che volevo potesse farmi sentire soddisfatto al 100% e mai farmi rimpiangere nessuna scelta. Così è stato.
Ora ho tra le mani il mio primo disco ufficiale ed è esattamente come lo volevo. Sono soprattutto molto soddisfatto del lavoro che c’è dietro l’intero concept del disco, del messaggio generale che veicola (che è inevitabilmente legato al titolo). Alla fine di una storia importante ci si rende conto che l’incontro-scontro con l’altro in realtà non può risolversi al meglio se non avviene il vero incontro-scontro con noi stessi. Questo disco ruota attorno a questo pensiero: il dualismo perenne io e te / io e me stesso fa da sfondo alle riflessioni e alle storie raccontate in queste canzoni. Il titolo “Anatomia di una colluttazione” si riferisce proprio all’analisi (a posteriori), allo studio attento di un incidente improvviso inaspettato prima con l’altro e poi con noi stessi.
Dieci episodi di una storia d’amore. Ogni canzone è una fase precisa di un percorso profondo che parte da un innamoramento quasi adolescenziale, passa per momenti prima di conflitto e incomprensione e poi di separazione e allontanamento, per arrivare finalmente a una fase finale di riflessione sul proprio io. In questo senso l’ordine delle canzoni nella track list non è casuale.
Raccontami allora queste dieci tappe, le canzoni del tuo disco.
- Hai perso la testa per un pazzo
È l’inizio. Il primo contatto, i primi segnali, le paure che derivano dalla voglia di lasciarsi andare e concedersi un sentimento forte. C’è il timore di ammettere che si è di nuovo vulnerabili, di nuovo esposti per via di qualcosa di vero che sta nascendo ma c’è anche la voglia di iniziare mostrandosi per come si è. Senza filtri e senza riserve. Ed è quello che voglio fare io con questo disco. Per questi due motivi questa non poteva che essere la canzone numero uno. - Casalingo
Con “Casalingo” facciamo un tuffo improvviso in una vita matrimoniale iniziata da poco che riserva pian piano delle sorprese inaspettate. La storia d’amore ha raggiunto una sua stabilità ma si inizia a percepire un’insofferenza legata a delle aspettative che pian piano vengono disattese. Qui in particolare si parla di un uomo e una donna che dopo il matrimonio iniziano a conoscersi davvero. La soggettiva è quella dell’uomo che si ritrova a vivere da mammo casalingo nell’ombra di una donna in carriera, determinata e ambiziosa. Lui non riesce a trovare lavoro e finisce per occuparsi della casa e dei figli mentre lei vive la sua ascesa lavorativa come se fosse l’unica cosa ad importare davvero. Si tratta di una situazione volutamente estremizzata, quasi caricaturale, intesa come spunto ironico per una riflessione sull’emancipazione e sulla moderna messa in discussione dei ruoli tradizionali uomo-donna marito-moglie. - Superpoteri
L’amore vero non ha bisogno di artifici. Possiamo sentirci veramente liberi di amare qualcuno soltanto nel momento in cui rischiamo tutto e ci mettiamo completamente in gioco, superando le paure e le paranoie di qualsiasi tipo. “Superpoteri” è una promessa d’amore eterno. L’amore raccontato in questa canzone è puro. Si fa pulizia di tutto il superfluo per arrivare all’essenza di un messaggio d’amore universale, e in questo senso con l’arrangiamento del pezzo si è voluto perseguire proprio questo tipo di ricerca dell’essenziale. “Superpoteri” racconta della voglia di seguire i propri sogni restando l’uno vicino all’altro, sempre. È una canzone che parla di sacrificio, di dedizione, di un legame che va oltre la vita e la morte e che resiste al tempo e allo spazio. - Nomi Cose Città
“Nomi cose città” racconta una storia d’amore e d’amicizia. Questi due valori sono radicati nelle vite dei protagonisti. La voglia di crescere insieme aiutandosi a migliorare, di condividere i momenti importanti, di attraversare insieme sia i sentieri impervi che i campi aperti che la vita offre diventano i pilastri su cui si edifica il mondo emotivo descritto in questa canzone. La malinconia è forte ma è presto addolcita dalla voglia di impegnarsi per l’altro. La paura del futuro fa capolino tra i ricordi ma è presto smorzata dalla certezza di non esser soli.
Tra le righe di “Nomi cose città” due bambini diventano grandi e scoprono l’amore accompagnandosi negli imprevisti della vita tenendosi per mano. Da adulti si guardano indietro, ripercorrono tutto ciò che è stato e lasciano che la gioia di essere ancora insieme renda tenera anche la nostalgia. Da grandi e da piccoli le cose non cambiano, i pregi e i difetti di ognuno son sempre gli stessi e il gioco resta nel tempo un modo per tenersi stretti a un legame mai perso. Le cose cambiano ma nel cuore di ognuno restano scolpiti i nomi, le cose e le città di ogni altro. (guarda il videoclip ufficiale di Nomi Cose Città) - Grammatica drammatica
“Grammatica drammatica” è una riflessione sull’incomunicabilità che può manifestarsi in una relazione. La paura di non capire a pieno l’altro e di non riuscire a farsi capire possono condizionare le cose che facciamo e che diciamo. Nonostante il sentimento predominante sia negativo, “Grammatica drammatica” propone tuttavia una risoluzione positiva al conflitto esistente: uno dei due farà un passo importante verso l’altro e ci si comprenderà senza dubbio. Come per magia un’incomprensione che sembrava insormontabile sembra sparire d’improvviso semplicemente volendo in due la stessa cosa. - Lacuoratore
L’idea per “Lacuoratore” mi è venuta pensando ad un tipo di amore che oggi sembra esser quasi in via d’estinzione, qualcosa che ormai sembra appartenere a tempi lontani.
Quell’amore fatto di sacrifici, di lontananze e speranze, di continui ostacoli da superare, di dedizione profonda. Un tempo quell’amore pieno di sforzi e di fatica riusciva a riempire anche le piccole cose di un valore talmente inestimabile che da solo aveva il potere di dare un senso alla vita.
- Soldato vagabondo
Il viaggio può essere un’occasione necessaria spesso per provare a vedere le cose che ci fanno stare male da un altro punto di vista. “Soldato vagabondo” racconta di un momento di disorientamento e di crisi in cui allontanarsi aiuta a rimettere in ordine le proprie priorità provando a vedere davvero cose che fino a quel momento si era voluto ignorare. Per darsi la spinta giusta per crescere ed evolversi. - Solo andata
“Sola andata” racconta l’inizio della fine. La crisi è ormai maturata ed esplosa e sono in corso tutti quei tentativi disperati che di solito si attuano per abituarsi piano piano a stare bene da soli, da individui separati. Solitudine, mancanza, vendetta, rabbia e dolore vengono tritati insieme in uno stato di confusione dovuto al pochissimo tempo passato dall’effettiva rottura.
Le cose vanno talmente male che fanno quasi ridere. Quando non si ha ancora lucidità e consapevolezza completa per capire cosa stia realmente accadendo spesso ci si ritrova a minimizzare o addirittura ridicolizzare quello che ci succede, forse per difendersi dall’affrontare l’inevitabile. - Tua culpa
Con “Tua culpa” si tocca il fondo. Sopraggiunge la lucidità che serve per analizzare quello che è successo e si prova in tutti i modi a razionalizzare qualcosa che in realtà ha ben poco di razionale. La tentazione di cadere nel gioco delle colpe è grande e la sfida è proprio quella di riuscire a sopravvivere a un dolore così profondo da soli, con dignità e senza ricorrere a soluzioni dannose che peggiorano le cose.
E’ una delle canzoni più importanti per me perché ritrae una parte di me inusuale e scomoda. Si potrebbe pensare si tratti di un inno alla rabbia, ma non è così, anzi. È la fotografia di un momento catartico di svolta. È un modo per affermare che sebbene la tentazione sia forte, durante un momento buio non serve a nulla accusarsi a vicenda; è invece più utile smettere di misurarsi sulla base di meriti e colpe e provare a guardare un po’ più lontano della propria tristezza, per crescere ed andare avanti. La canzone per certi versi racchiude forse meglio di qualsiasi altro pezzo l’idea che è al centro dell’intero disco: se andiamo a fondo ad analizzare quello che ci è successo con qualcuno che abbiamo amato finiremo di sicuro a fare un’analisi importante su noi stessi. (guarda il videoclip ufficiale Tua culpa) - Le poesie sulla sedia
Si esce da un grande dolore soltanto passandoci attraverso. E dopo che si è fuori ci si solleva oltre il rancore, oltre la rabbia, oltre le cose che ci hanno fatto stare male, oltre i torti e le ragioni per fare i conti con noi stessi e ripartire da ciò che conta davvero.
“Le poesie sulla sedia” è tornare bambini, è il ritrovarsi in un nido, è un tuffo dentro l’universo dell’anima, è la promessa di ricostruirsi migliori, è la pace fatta con le proprie debolezze, è la dolcezza di una malinconia che finalmente ci aiuta a costruire il domani, nonostante ci sommerga.
Hai lavorato e lavori come compositore di musiche per progetti teatrali e televisivi, di musiche per mostre internazionali d’arte contemporanea e per lavori discografici di giovani interpreti. Mi racconti il tuo approccio a queste dimensioni diverse della musica e dell’arte?
La verità è che mi sento molto a mio agio in ambienti artistici non direttamente legati alla musica. Mi piace tanto la contaminazione tra le varie arti e trovo che il fatto che un messaggio possa passare liberamente tra le forme di un’espressione artistica per arrivare ad un’altra sia affascinante e d’ispirazione. Mi diverte mischiare la mia musica ad altre arti, è sempre stato così. Mi piace reinventare forme diverse per quello che ho bisogno di esprimere. Proprio in questo periodo sono reduce da un’esperienza bellissima in cui la mia musica ha sposato l’arte drammatica. Ho scritto le musiche per uno spettacolo teatrale, un vero e proprio musical, andato in scena lo scorso 4 e 5 maggio a Caserta. Per me è stata un’esperienza bellissima, molto probabilmente ci saranno repliche in estate, lo spero.
In chiusura una domanda particolare. Improvvisamente ti ritrovi ad essere nominato Ministro della Cultura. Quali sono i primi provvedimenti in ambito musicale che prenderesti e perché?
Questa è difficile. Vado di pancia: mi viene da pensare subito alla scuola! Lo so che della scuola non se ne occupa direttamente il Ministro della Cultura me lavorerei di sicuro a stretto contatto con il Ministro dell’Istruzione per sviluppare un nuovo approccio degli studenti della scuola dell’obbligo alla musica. Trovo che ci sia qualcosa di terribilmente vecchio e superato nella maniera in cui il sistema scolastico attuale propone ai ragazzi lo studio della musica. Partirei di sicuro da lì.
La scuola è, senza troppi giri di parole, la culla delle generazioni a venire e trovo che stimolare i ragazzi nel giusto modo porterebbe di sicuro a grossi cambiamenti a lungo termine. Moltissimi dei ragazzini delle scuole medie non hanno mai toccato un violoncello, o un clarinetto o non hanno mai messo da parte dei soldi per acquistare un disco, neanche in digitale. Il mondo è cambiato profondamente, la tecnologia ci porta ogni giorno più lontano e la scuola invece è rimasta troppo ancorata al passato. La musica ne risente, e non solo.
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