Ross Music Box: intervista a Stefano Ferrioli

Ross Music Box: intervista al cantautore ferrarese Stefano Ferrioli in occasione dell’uscita del primo EP “Il seme”.

Stefano Ferrioli, nasce a Portomaggiore, in provincia di Ferrara. In età adolescenziale comincia a cantare nei gruppi musicali che nascevano al liceo.

Stefano poi frequenta corsi di canto con l’insegnante Rita Botto di Bologna. Parallelamente inizia a fare teatro dapprima con compagnie amatoriale e poi inizia un percorso semiprofessionistico fra il teatro e la danza collaborando con compagnie di teatro sperimentale.

Attorno ai 20 anni Stefano Ferrioli rimane folgorato dal movimento musicale culturale brasiliano del tropicalismo, insieme a tutto il movimento musicale di rock alternativo newyorkese e al nuovo cantautorato pop elettronico italiano.

Dal 1998 al 2015 Ferrioli ha portato in giro cantato e interpretato un omaggio a De André con il patrocinio della Fondazione De André. Nel 2020 inizia a scrivere canzoni. Inizia a studiare armonia e composizione e nascono le prime canzoni: “E va”, “Tempo” e “AhMamì”. Questi tre brani fanno parte di un progetto che prende come riferimento il periodo della scuola genovese degli anni 70.

Nel 2023 inizia la collaborazione con Massimiliano Lambertini e Michele Guberti poi il 22 novembre 2024 esce “Il seme”, anticipato dal singolo “Attimi”, distribuito e promosso da (R)esisto, produzione artistica Michele Guberti (Massaga Produzioni), realizzato presso il Natural Headquarter Studio.

Ho scambiato quattro chiacchiere con Stefano in occasione dell’uscita del suo primo lavoro discografico in vista del primo live per presentarlo a Ferrara il prossimo 6 dicembre al Circolo BlackStar.

Musica, teatro e danza come ognuna di loro è entrata a far parte della tua vita?

Stefano Ferrioli:” La musica, non mi ricordo un giorno, fin da bambino, che non avesse una colonna sonora. In casa ero invaso da vinili, musicassette che, insieme ai libri, sono fra i miei primi ricordi. Il giradischi, lo stereo 8, il mangianastri sono ricordi di oggetti adorabili e indelebili.

Il teatro fu un caso. Un giorno incontrai un fotografo, un conoscente di mio padre, che gestiva un negozio di fotografia. Mi aveva visto cantare per strada e mi disse: “Senti, con la regia di mio figlio stiamo mettendo in scena una commedia musicale di Bertolt Brecht. “Io il teatro non l’ho mai fatto, non so chi sia Bertolt Brecht”, gli risposi. E lì ci fu il passaggio “da ragazzino insicuro, imbarazzato e senza una chiara identità” che ero,  a una persona che “inizia a strutturare un’idea di sé totalmente diversa”. Mi accadde un cambiamento profondo. Fui costretto a scoprire aspetti di me stesso che non conoscevo, a esplorare le mie capacità e a confrontarmi con la parte di me che forse avevo sempre trascurato e che un po’ temevo. Venivo da un periodo turbolento in famiglia dalla separazione dei miei genitori e la mia passione per la musica aveva sempre creato tensioni in casa.

Dal connubio del mio amore per il teatro e la musica non avrei potuto non finire per adorare anche il teatro-danza di Pina Bausch e di Wim Vandekeybus. A quel punto mi sentivo pieno. Forse troppo pieno, al punto che per non scoppiare, dovetti scegliere: e scelsi la musica”.

Ross Music Box: intervista al cantautore ferrarese Stefano Ferrioli in occasione dell'uscita del primo EP "Il seme".

I cantautori della scuola genovese quanto hanno influenzato e influenzano il tuo modo di fare? 

Stefano Ferrioli: “Molto. Bindi, Endrigo, Lauzi, Paoli e Tenco sono stati quei cantautori che lavoravano sulla canzone in lingua italiana, che con onestà continuavano a comporre musica al di fuori del vento che soffiava in quel momento. Non lasciarono mai trascinare “la canzone” in contesti confortevoli. Erano persone che tenevano alla composizione musicale e che non cavalcavano l’onda dei furori di piazza, legando la propria esperienza artistica alla materia del loro lavoro: melodia e armonia.

Credo che ogni canzone sia un manifesto di lotta per qualcosa, e che spesso la nostra lotta sia per capire chi siamo. Le rivoluzioni nascono dal nostro definirci e dal metterci poi in relazione con gli altri. Chi fa musica prima deve definirsi, poi farlo sapere agli altri”.

Come è nato il desiderio di fare uscire “Il Seme”?

Stefano Ferrioli: “È un seme portato dal vento. È nato da solo. Io ho solo messo in fila un tot di canzoni nate pressoché insieme dagli stessi stati d’animo e che stavano bene insieme. Non si potevano dividere: mi sembravano belle tutte insieme. Stavano bene, sembrava facessero un girotondo attorno al germoglio che mi figuravo uscisse poi dal seme. Era il girotondo che sentivo di dover raccontare.”

Mi racconti quali sono le emozioni che hanno ispirato i brani che compongono il tuo primo ep?

Stefano Ferrioli: “Incompiutezza. Il seme racconta il nostro sentirci non adeguati. Manchevoli, fragili, inespressi ma pieni di emozioni. È un elogio all’essere fuori dagli schemi, del bisogno di godere della nostra lentezza e del riflettere su ciò che siamo e ci accade. Il seme è un inno all’ascolto del suono che facciamo in ogni momento della nostra vita. Il seme è un disco comunitario, include tutti e parla di tutti”.

Hai in programma un tour in questo autunno/inverno? Chi sono i componenti della tua band e come li hai conosciuti?

Stefano Ferrioli: “Iniziamo a suonare il 6 dicembre 2024 a Ferrara, il singolo e l’Ep stanno andando bene e stiamo iniziando a ragionare con la mia distribuzione (R)esisto sui circuiti più adatti su cui posizionarsi.

La mia band è composta da Luca Mariotti alle chitarre, compagno musicale di una vita, suoniamo assieme da quando eravamo ragazzini, Andrea Vanara al basso con cui abbiamo già fatto insieme un divertente percorso swing, Enrico Gallerani alla batteria che ha creduto subito nelle mie canzoni, e Andrea Mascellani alle tastiere compagno di sistemazione degli arrangiamenti e di vision musicale e sentire umano”.

Improvvisamente ti ritrovi a essere nominato Ministro della Cultura. Quali sono i primi provvedimenti in ambito musicale che prenderesti?

Stefano Ferrioli: “Più ore di musica a scuola fin dalla primaria e via così anche alle superiori non di indirizzo. Riformare i conservatori e riportare la musica suonata lì dentro: gli studenti fanno qualsiasi cosa tranne suonare.

Dare ai musicisti i giusti compensi: stabilizzare gli orchestrali. Offrire una programmazione televisiva con programmi di musica di qualità, dove chi fa musica sa suonare (vedi Bollani). Stanziare fondi per sale prove, incentivare locali a fare musica e promuovere tutte le occasioni per fare spettacolo dal vivo.
Sostenere tutte le associazioni e gli enti che promuovano le arti: la tutela della cultura e dell’arte è un dovere per uno stato”.